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Crollo Inter, il PSG è Campione | di Livio Spinolo

La finale di Champions League non è una partita, è “la” partita: quella che nell’immaginario di un bambino che sogna di fare il calciatore per prima appare, insieme alla finale di un Mondiale. Ma anche per chi ha qualche anno in più e ama questo sport, guardandolo in TV, resta un match dal fascino unico. Se poi si è tifosi e c’è la propria squadra in campo, allora il pathos sale a dismisura e quei momenti entrano direttamente nella categoria dei ricordi indelebili. Però lo sport non è una favola da scrivere rigorosamente con il lieto fine. Che a volte c’è, altre volte no. Quello che però ti auguri di vedere dai tuoi beniamini, anche nella sconfitta, è il confronto ad armi pari, la voglia di competere, di fare tutto per quella maglia, di giocarsi tutte le chances fino all’ultimo. Sabato sera ai sostenitori dell’Inter è mancato questo, prima ancora della vittoria. Perché perdere è uno dei momenti imprescindibili dello sport ma c’è modo e modo per farlo. Soccombere per 5-0 al cospetto di un avversario peraltro non superiore dal punto di vista tecnico rappresenta una figuraccia inaccettabile. In 90 minuti i nerazzurri hanno prodotto la miseria di due azioni da gol, sugli sviluppi di azioni da corner e in fase difensiva sono stati in balia degli avversari, a partire dal primo gol quando il Paris Saint Germain ha mostrato un fraseggio nell’area interista tanto bello quanto imbarazzante per la facilità con cui è stato confezionato. Tanto che in molti avevano pensato a un fuorigioco perché “no, dai, vuoi mica che davvero abbiano fatto un gol così ?!?!”. E invece sì, era tutto vero e l’offside non c’era proprio, con Dimarco che teneva tutti in gioco di un metro. Poi certo c’è stato anche lo zampino della sfortuna, perché la variabile sorte spesso si imbuca alla serata di gala e altrettanto spesso dice anche la sua. E allora ecco che nemmeno a metà del primo tempo si era già sul 2-0 per i francesi con un tiro di Doue’ apparentemente senza pretese ma che, deviato, beffava Sommer. Quando Dembele’ falliva il 3-0 da due passi e di lì a pochi minuti arrivava il fischio dell’arbitro a sancire la fine della prima frazione, in molti han pensato, o semplicemente sperato, che la pausa fosse l’occasione buona per rimettere in piedi la partita. Perché quell’Inter era troppo brutta per essere vera e nel secondo tempo certamente sì sarebbe vista un’altra squadra in campo. Non è andata così. Il Paris Saint Germain ha sfruttato le ripartenze e gli spazi concessi dalla banda di Inzaghi riversata in avanti per provare a raddrizzare il match e sono arrivati i gol del 3-0 (ancora con Doue’, a conclusione di un’azione originata da una giocata pregevole di Dembele’) e del 4-0 con il georgiano Kvaratskhelia, ex del Napoli. Il 5-0 che chiudeva l’incontro recava la firma di Mayulu e arrivava al termine di uno scambio nello stretto culminato con un preciso diagonale vincente. Resta il rammarico anche per il secondo tempo, per quella reazione che non c’è stata, per l’atteso arrembante assalto nell’area parigina che invece si è spento sul nascere, senza produrre reali pericoli al nostro Donnarumma, il vero fuoriclasse della compagine di Luis Enrique. Un fuoriclasse chiamato a una serata di ordinaria amministrazione quando un po’ tutti si aspettavano per lui una partita piena di sollecitazioni. Finita, o meglio, volendo provare a superarla, la fase dei rimpianti, della delusione, occorre lasciare spazio a quella più equilibrata dell’analisi. L’Inter è mancata nei suoi uomini cardine, nei suoi leader, Lautaro in primis. Arrivato all’appuntamento clou stanco e non al top della condizione, non è riuscito ad incidere, come non sono riusciti a farlo i fari del centrocampo, da Barella a Calhanoglu. Sulla difesa c’è poco da aggiungere rispetto ai numeri impietosi del risultato ma sarebbe ingiusto addossarle tutte le responsabilità, se è vero che il filtro deve avvenire davanti ad essa. E poi c’è Simone Inzaghi, uno che le gare importanti le sa preparare al meglio, come aveva fatto con il Manchester City due anni fa, quando i suoi si arresero al termine di un match condotto con personalità e ribattendo colpo su colpo. Sabato non ci è riuscito invece: sul campo si è vista una squadra molle, a tratti fuori dall’incontro. Onore al Paris Saint Germain ma anche all’Inter. Sì, anche all’Inter, perché arrivare a giocare una partita del genere è un traguardo che non può essere ignorato: c’erano tempi in cui il calcio italiano è rimasto a lungo a guardarli dalla poltrona questi match. Ora proprio i nerazzurri giocano due finali di Champions in tre anni e ciò significa che questa è una squadra dal solido valore in ambito europeo. Un valore che non può essere dimenticato, nemmeno dopo una serata storta.

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