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Due anni di polemiche, litigi e musi lunghi: Spalletti, in Nazionale come nei club

Aveva capito tutto da venerdì sera. Dopo il 3-0 di Oslo. Le lacrime di commozione con le quali ha interrotto la conferenza stampa di ieri pomeriggio sono state solo l’ultimo (anzi il penultimo perché stasera sarà in panchina a Reggio Emilia contro la Moldova) atto dell’avventura di Luciano Spalletti sulla panchina della Nazionale. “Se mi sento tradito? Ma no… Anzi, ringrazio…” e via con la lista dei nomi, finché la voce non è stata rotta dall’emozione e Spalletti ha abbandonato la conferenza stampa, senza neppure fare le interviste con Rai e Sky che hanno i diritti tv per le qualificazioni ai Mondiali.
Che il ct non fosse tranquillo lo si era capito già dalla notte norvegese quando si era preso, quasi con rassegnazione, tutte le colpe: “Sono un allenatore poco capace se la squadra è così arrendevole – aveva detto dopo il ko contro la Norvegia – e se ci sono stati atteggiamenti non adeguati all’importanza della partita. Se mi sento solo? Non è così e comunque non ho bisogno del soccorso di nessuno. Sono io il responsabile per questa situazione”. Il finale insomma era già scritto.

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